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Lampada per i miei passi è la tua parola...

I MOLTI VOLTI DELLA MISSIONE NEL NUOVO TESTAMENTO
Ritorno alle radici della missione
(David Bosch)

Introduzione
I. Come Gesù ha vissuto la missione
II. La missione in Matteo
III. La missione in Luca
IV. La missione in Paolo

All'inizio dell'attività di Gesù, Luca pone l'episodio della Sinagoga di Nazareth (4,16-30), che presenta come programmatico di tutta la sua missione. Sottolinea almeno tre temi fondamentali: il posto centrale dei poveri; il rifiuto dello spirito di vendetta; l'apertura gratuita del Regno di Dio a tutti, senza diritti e pretese da parte di nessuno e senza preclusioni, dentro e fuori d'Israele.


Come il Vangelo di Matteo può essere colto nel suo insieme solo nella prospettiva del suo brano finale, così è per il Vangelo di Luca: fin dalle prime battute è rivolto verso il suo punto culminante, che riassume la visione di Luca sulla missione: "Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: Sta scritto che il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il 3° giorno e nel suo nome saranno predicate a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso. Voi rimanete in città finché non sarete rivestiti di potenza dall'alto" (Lc 24,45-49).

Gli stessi elementi sono ripresi all'inizio degli Atti e costituiscono il legame tra i due libri di Luca, con i quali vuole far risaltare lo stretto rapporto tra la missione di Gesù e della chiesa: la prima va dalla Galilea a Gerusalemme, la seconda va da Gerusalemme a Roma: "Riceverete una potenza, quella dello Spirito che verrà su di voi; allora mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra" (At 1,8).

Già dai due testi richiamati appare come per i due libri di Luca la missione è una dimensione centrale: qualcuno arriva a dire che è il tema dominante della sua opera. C'è un altro testo fondamentale, a cui Dupont attribuisce la stessa funzione programmatica che il Sermone della montagna ha per Matteo: è il racconto che Luca pone come introduzione a tutto il ministero di Gesù: l'episodio della sinagoga di Nazareth (4,16-30). Qui ci preme far notare il terzo contenuto, da noi già richiamato: l'allusione di Gesù alla missione futura presso i non-giudei. Nello spirito di Luca, l'episodio di Nazareth prepara la missione presso i "pagani"; per lui, il ministero di Gesù, fin dagli inizi, è già orientato in senso universale.

UNA MISSIONE UNIVERSALE, MA CHE PARTE DA GERUSALEMME

L'attenzione data da Luca agli incontri di Gesù con i Samaritani va vista nella stessa ottica: la missione nei loro confronti costituisce l'inizio della missione fra i non-giudei e fa parte del piano di Dio.

Agli occhi dei nazionalisti giudei, i Samaritani erano al livello più basso dei valori religiosi e morali. Gesù mostra, nel Vangelo di Luca, una scandalosa simpatia e apertura nei loro confronti: anche se si erano rifiutati di accoglierlo, proibisce di invocare la vendetta su di loro, come Giovanni e Giacomo chiedevano (9,51-56); colui che dai giudei non era neanche considerato un uomo, viene posto come esempio di solidarietà, nella parabola del "buon Samaritano" (10,25-37); dei dieci lebbrosi guariti, solo uno, "il Samaritano" ritorna a ringraziare Gesù e si sente dire "alzati, la tua fede ti ha salvato" (17,11-19). Non ci sono preclusioni: con Gesù il tempo della salvezza è arrivato per tutti, compresi quelli che venivano disprezzati.

Va notato, però, che in Luca il superamento delle esclusioni e la prospettiva universale si accompagnano ad un suo netto atteggiamento positivo verso il popolo giudeo, la sua religione e cultura. Unico non giudeo tra gli scrittori del Nuovo Testamento, Luca mette in luce, soprattutto nei racconti dell'infanzia, il significato teologico di Israele: Gesù è presentato come il Salvatore del popolo dell'antica alleanza: "Ha soccorso Israele, suo servo", canta Maria; al termine stesso degli Atti, Paolo dichiara che "è a causa della speranza di Israele" che porta le catene.

Nella concezione teologica della missione di Luca ha un ruolo speciale Gerusalemme: non solo è la destinazione del pellegrinaggio di Gesù, il luogo della sua morte e delle apparizioni del risorto (nel suo Vangelo avvengono tutte a Gerusalemme), ma anche è il luogo dell'ascensione, della Pentecoste e il punto di partenza della missione verso Israele stesso.

Di solito si insiste sul rifiuto che molti giudei hanno apposto a Gesù e agli apostoli: è stato questo rifiuto – si dice – ad avere "provocato" la missione ai "pagani". Per Luca non è così: mostra che, anche dopo i rifiuti, gli apostoli hanno continuato a predicare anche ai giudei; non solo, ma sottolinea le molte risposte positive, addirittura in crescendo: 3.000 convertiti in At 2,41; 5.000 in At 4,4; "moltitudini sempre più numerose" in At 6,7; "migliaia di giudei" in At 21,20.

Luca sottolinea, cioè, che Israele non ha rifiutato il Vangelo, ma si è diviso nei suoi confronti: una parte l'ha rifiutato e una parte l'ha accolto. Questa parte costituisce il vero Israele, purificato, "restaurato"; chi invece, ha rifiutato si è escluso da solo. La chiesa, agli occhi di Luca, è formata dalla comunità dei giudei convertiti; a questi si aggiungono i convertiti di origine pagana. A Pentecoste molti giudei diventarono ciò che essi erano, Israele; in seguito, i "pagani" sono stati incorporati nel seno d'Israele. I cristiani di origine pagana fanno parte d'Israele, non sono un "nuovo" Israele: la conversione significa essere chiamati a partecipare all'alleanza fatta con Abramo. Non ci sono fratture nella storia della salvezza: le promesse fatte ai padri sono state adempiute. La chiesa nasce dal seno dell'antico Israele; non è un'intrusa che si arroga le prerogative dell'Israele storico.

LA NOVITÀ DI GESÙ

Nell'episodio della sinagoga di Nazareth, un fatto colpisce: inizialmente Gesù è accolto dai suoi concittadini con simpatia e ammirazione; poi, all'improvviso, la situazione si capovolge, l'assemblea è furente e tenta addirittura di ucciderlo.

Nella prospettiva della teologia della missione di Luca è importante cogliere il perché di questo mutamento. È avvenuto che Gesù aveva fatto qualcosa che aveva radicalmente deluso le attese della sua gente: aveva letto la prima parte di Isaia 61,2 "per proclamare l'anno del favore del Signore", ma aveva saltato le parole che seguivano, che fanno parte dello stesso versetto "il giorno della vendetta del nostro Dio" riferito alle nazioni pagane, tralasciando anche quanto si riferiva a Israele e a Sion. Il commento di Gesù, poi, era stato tutto su questa linea, riferendosi sia ad Elia mandato ad una vedova non d'Israele ma di Sidone, sia ad Eliseo mandato a Naaman il siro, nonostante i tanti lebbrosi in Israele.

La mentalità dominante nel giudaismo dell'epoca era che la salvezza era riservata ai giudei, anzi ad una loro piccola parte, e l'inviato di Dio avrebbe condotto una guerra santa contro i nemici di Israele. Gesù non solo evita di menzionare il giudizio contro i nemici di Israele, ma proclama che Dio è pieno di compassione anche nei loro confronti: "l'anno di accoglienza" è sia per i giudei che per i loro avversari!

Lungo tutto il Vangelo di Luca si ritrova quest'insistenza. Ad esempio, in Lc 7,22s si ripete il fatto, con tre citazioni di Isaia da cui Gesù toglie i riferimenti alla vendetta di Dio. Ecco la novità: la compassione di Dio per i poveri, per gli emarginati, per gli stranieri e addirittura per i nemici di Israele ha soppiantato la vendetta divina. È questo il Dio che Gesù rivela.

I PRINCIPALI ELEMENTI DEL MODELLO MISSIONARIO DI LUCA

I – La stretta articolazione tra lo Spirito Santo e la missione.

Luca si interessa al fatto che la storia continua, Gesù non è ritornato subito. Riporta il racconto dei due discepoli di Emmaus: ora si può fare esperienza di Gesù in modo totalmente nuovo: è presente ed in azione nella comunità cristiana grazie al suo Spirito di risorto.

Già il ministero di Gesù avveniva sotto la guida dello Spirito (Lc 3,22), ma è soprattutto la missione dei discepoli che Luca attribuisce all'iniziativa dello Spirito. Possiamo notare tre azioni fondamentali:

- Lo spirito spinge i discepoli ad intraprendere la missione. Essi si consacrano alla testimonianza subito dopo, e solo dopo, essere stati rivestiti dalla "forza dall'alto". Lo stesso Spirito che ha condotto Gesù in Galilea (Lc 4,1. 14.16) spinge ora con forza i discepoli alla missione: diventa il catalizzatore e la guida della missione. L'evento decisivo è la Pentecoste: lo Spirito che era sceso su Gesù al suo battesimo, ora scende per il secondo "battesimo" (Atti 1,5). La missione è la diretta conseguenza dell'effusione dello Spirito. Essa non è un "comando", ma una "promessa": il dono dello Spirito è di essere coinvolti nella sua missione. Altri dirigono da fuori, Cristo dal di dentro: non comanda, ispira. Luca parla di persone che sono investite dallo Spirito e da lui condotte ad agire in sintonia con lui.

2° - Lo Spirito guida i missionari e mostra loro le vie e i metodi. Essi non hanno dei propri progetti, ma devono attendere le direttive dello Spirito. Fondamentale è il racconto di Pietro presso Cornelio: l'iniziativa dell'apertura ai "pagani" è dello Spirito, che conferma con una seconda Pentecoste (At 10,44-48). Pietro si giustifica dinanzi alla comunità di Gerusalemme: è lo Spirito che gli "ha detto di non esitare" a recarsi da Cornelio (At 11,12). Altri esempi: il Concilio di Gerusalemme (At 8,29); l'invio di Paolo e Barnaba (At 13,2-4); l'inizio della missione in Europa (16,9); la spinta continua ad andare oltre, ad uscire (At 13, 46-48).

3° - Lo Spirito che spinge alla missione è uno Spirito di potenza (dunamis). Lo era già per Gesù (Lc 4,14; At 10,38). Ora lo è per gli apostoli (Lc 24,49; At 1,8). Lo Spirito non solo è l'iniziatore e la guida della missione, ma è anche colui che dà le forze per compierla. Negli Atti Luca usa spesso le parole: parresia (audacia) e parresiazomai (parlare con coraggio) e ogni volta osserva che è l'effetto della forza dello Spirito. È lui che dà coraggio ai discepoli, prima così timidi.

II – L'interdipendenza tra la missione presso i giudei e la missione presso i pagani.

È Luca, non-giudeo, che ha capito la necessità di radicare la chiesa non giudea dentro Israele. Ha avuto il coraggio di proclamare che Gesù era innanzitutto il Messia d'Israele e, proprio per questo, il Salvatore delle genti. I convertiti non giudei sono stati incorporati ad un Israele rinnovato (non sono un nuovo Israele). Perciò la chiesa non deve mai, con spirito trionfalista, arrogarsi il Vangelo voltando le spalle al popolo dell'antica alleanza.

III – Sarete miei testimoni.

Il termine testimone è fondamentale per cogliere il modello missionario di Luca. Per lui "è il termine appropriato per definire la missione" (Gaventa). Non significa che gli apostoli devono semplicemente raccontare il viaggio che il Signore ha intrapreso verso Gerusalemme, ma che devono raggiungerlo sulla stessa strada e affrontare lo stesso destino. Devono anch'essi essere pronti ad assumere il loro cammino di Gerusalemme. Come Stefano. Come Paolo.

Negli Atti il termine testimone viene applicato non solo agli apostoli, ma anche ad altri, ad esempio a Paolo (22,15) e a Stefano (22,20) e già c'è l'allusione del testimone visto come martire. Il contenuto della testimonianza (marturia) corrisponde, nell'insieme, a quella dell'annuncio: la buona novella che il Regno di Dio è Gesù Cristo, incarnato, crocifisso e risorto, e quanto lui ha compiuto.

Gli Atti mostrano con insistenza che il compito è affidato ad esseri umani deboli, di per sé incapaci e continuamente dipendenti dalla forza dello Spirito. In fondo, non sono chiamati a fare delle opere proprie, ma a segnalare ciò che Dio ha operato e ancora opera, a dare testimonianza di ciò che essi hanno visto, sentito e toccato (1Gv 1,1).

IV – Pentimento, perdono dei peccati, salvezza.

Il Vangelo di Luca e gli Atti sono costruiti sull'attesa di una risposta. La testimonianza dei missionari ha per scopo il pentimento e il perdono, che portano alla salvezza (cf At 26,17s). Accogliere Gesù è accogliere la salvezza. Questa è liberazione da ogni forma di schiavitù e, nello stesso tempo, vita nuova in Cristo. I missionari offrono la loro testimonianza in piena convinzione che vita e morte ne dipendono: qualunque sia l'apprezzamento che danno sulla vita religiosa della gente (At 17,22s), essi non cessano di insistere sul pentimento e la conversione. Non possono essere indifferenti alla sorte dei loro simili. Il loro invito a unirsi alla comunità non è mai fiacco.

La conversione non è solo un atto di portata individuale, ma introduce nella comunità dei credenti e comporta un reale e radicale cambiamento di vita, con responsabilità morali, che distinguono i cristiani da "quelli di fuori", e nello stesso tempo gli fanno sentire gli obblighi nei loro confronti.

V – La salvezza.

Un autore osserva che per Luca la salvezza ha sei dimensioni: economica, sociale, politica, fisica, psicologica e spirituale. Luca sembra particolarmente interessato a quella economica. Spicca, allora, uno degli elementi principali del suo modello missionario: il nuovo rapporto tra ricchi e poveri. Nella sinagoga di Nazareth Gesù attira l'attenzione sulle condizioni di vita dei poveri, dei ciechi, dei prigionieri e degli oppressi, e annuncia il Giubileo, che inaugurerà il rovesciamento della loro sorte.

In tutto il suo Vangelo, Luca mostra cosa vuol dire il Giubileo per i ricchi e per chi sta bene della sua comunità: condividere ciò che si ha. Mostra che le richieste di Gesù vanno ben oltre il corretto "atteggiamento" nei confronti della ricchezza: mettono in crisi il loro possesso, il loro uso, lo stile concreto di vita da cui è bandito ogni idea di sobrietà e di solidarietà. Zaccheo nel Vangelo e Barnaba, il suo analogo negli Atti, sono il paradigma del comportamento che Luca indica ai cristiani ricchi o più fortunati: donare una parte sostanziale dei propri beni, fare prestiti a rischio, aiutare in maniera disinteressata… (Lc 6,20-49). Con la parabola del buon Samaritano definisce il "prossimo" come colui che ha bisogno dei mio aiuto e che io non posso lasciare sui bordi della strada.

Se oggi i cristiani ricchi praticassero la solidarietà con i poveri, sarebbe in sé un'enorme testimonianza missionaria. Il Vangelo non può essere buona novella se i suoi testimoni sono incapaci di discernere la situazione e le ansie di chi è ai margini. Proprio come nel ministero di Gesù, bisogna liberare chi soffre, prendere su di sé la sorte dei poveri, reintegrare i paria e gli emarginati, offrire perdono e salvezza a tutti quelli che si sono resi colpevoli.

VI – Costruire la pace

È una dimensione importante nel modello di missione di Luca. Costruire la pace, resistere senza violenza al male, deprezzare l'odio e la vendetta: è un messaggio che attraversa tutto il suo Vangelo e culmina con Gesù che prega per coloro che lo crocifiggono, a cui fa da eco la preghiera di Stefano morente.

Nella situazione di violenza, di inimicizia, di divisioni e di emarginazioni, tipica del nostro tempo, questo aspetto del Vangelo di Luca è quanto mai pertinente. Se falliamo su questo punto, siamo colpevoli dinanzi al Signore della missione.

VII – La chiesa

Nel Vangelo Luca non parla della chiesa, ma dei "discepoli" che seguono Gesù, mentre negli Atti descrive la chiesa, insistendo sul come dovrebbe essere. Particolare valore è dato alla reciproca accoglienza dei giudei e dei non-giudei (basti ricordare l'attenzione data all'episodio di Cornelio).

Mentre nel Vangelo insiste sul Regno di Dio per i "poveri", negli Atti insiste sul fatto che i "pagani" e i "nemici" sono incorporati nel popolo di Dio. Non c'è opposizione tra le due insistenze: entrambe sono espressioni di un'unica logica, che Luca si preoccupa di evidenziare: con Gesù, Dio mostra la sua accoglienza, libera e gratuita, nei confronti di tutte le sue creature. Nessuna esclusione ha motivo di esistere, per nessun motivo: condizione sociale, ignoranza, errori morali, appartenenza religiosa. E nessuno può vantare dei diritti o dei privilegi: l'accoglienza di Dio è un dono, immeritato per tutti. Chi, per qualunque motivo, è messo da parte dagli uomini, derubato, deriso, disprezzato, escluso, è il primo davanti a Dio, ha una prioritaria attenzione e premura da parte sua.

Per Luca, la comunità cristiana è chiamata allora ad essere, per la forza dello Spirito, una fraternità senza disuguaglianze e senza barriere, luogo in cui lo Spirito procede ad una nuova creazione. La sua vita interna e la sua spinta missionaria esterna sono così fra loro articolate in un'unica logica, la comunione, che non tollera né privilegi né settarismi ed è attivamente aperta verso tutti.

Agli occhi di Luca, la missione è un'opera "ecclesiale"; gli apostoli hanno il ruolo specifico di assicurare un'articolazione autentica tra Gesù e la chiesa; lo stesso invio di Paolo ai "pagani" ha bisogno di essere da loro ratificato. Ma in Luca non c'è ecclesiocentrismo: gli apostoli fanno degli sbagli e spesso mancano di perspicacia; la missione avviene a volte nonostante loro, più che grazie a loro; Dio va spesso più veloce di loro, ad esempio suscitando lo slancio missionario degli ellenisti e, più ancora, Paolo, il non-apostolo che Luca coraggiosamente descrive come l'esempio tipico di missionario.

VIII – La missione incontra necessariamente avversità e sofferenze.

Nel Vangelo, Luca descrive il viaggio di Gesù dalla Galilea a Gerusalemme, mostrando che è un cammino verso la sua passione e la morte. Negli Atti, il percorso della chiesa-in-missione è messo in parallelo con quello di Gesù: Paolo afferma che il Risorto "è apparso a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme" (At 13,31).

Gli Atti quando parlano di parresia (audacia), la contrappongono quasi sempre alle avversità. Quando Giovanni e Pietro sono sotto le minacce del Sinedrio, i credenti pregano non perché i loro avversari siano distrutti, ma per ricevere una piena parresia (At 4,27-30). Non per niente, da secoli, l'invio dei missionari è accompagnato con la consegna del Crocifisso: "Quelli che lo ricevono non hanno nelle mani solamente un simbolo della loro missione, ma un manuale che dice loro come realizzarla" (Frazier).


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Settembre 1998