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A Vicenza progredisce l’iniziativa diocesana
che lancia in missione i ragazzi delle comunità cristiane.

Per i giovani parrocchie «da strada»

Gli animatori della pastorale escono dall’oratorio e cercano i lontani

«Non possiamo aspettare che i giovani vengano nei nostri gruppi parrocchiali, pronti solo a dare loro le nostre verità ma non ad ascoltarli. Si sentono bene se trovano chi li sa ascoltare e li rende protagonisti». Marcellino Mannea, 25 anni, è uno dei novanta "animatori sulla strada" formati in questi tre anni dall'Ufficio per i giovani della diocesi di Vicenza, educatori già impegnati in parrocchia o nelle associazioni, chiamati a "farsi prossimo" «a quel 70-80% di giovani "lontani", che hanno marginalizzato la fede nella propria vita», spiega il responsabile della pastorale giovanile don Raimondo Sinibaldi, don "Mondo" per i suoi ragazzi. «Insegniamo loro a puntare sulle relazioni personali, come occasioni forti di annuncio e testimonianza, più che sulle cose da fare - aggiunge don "Mondo"- ma anche a stimolare le parrocchie e mettersi in stato di missione concreta con i giovani, senza pregiudizi né proposte già confezionate, ma camminando al loro fianco».

A Malo, grosso borgo ai piedi delle Alpi vicentine, Marcellino, che è stato operatore in strada per il Comune, lavora in gruppo con Chiara, Giovanni e Valerio, usciti dal corso diocesano. Da un anno incontrano e sensibilizzano gli animatori dei gruppi parrocchiali giovanili e cercano di "approcciare" i giovani che non frequentano chiesa e oratorio. A dicembre, nel centro giovanile dell'Anspi, hanno organizzato una festa musicale e installato un "video-box", sgabuzzino con telecamera, invitando i giovani a dire la loro sul consumo di alcool e droghe leggere, anche con interviste curate dagli operatori del servizio per le tossicodipendenze.

«Abbiamo raccolto racconti di disagio, di vittorie, voci contro l'alcool "droga come le altre" o a favore dello spinello, ma è stata anche l'occasione per contattare una ragazza, che ci ha chiesto come aiutare gli amici della sua compagnia a smettere con il "fumo"». La ragazza, che ogni tanto si fa ancora vedere in parrocchia, fa ora da "ponte" tra gli "animatori sulla strada" e gli amici. «Il seme è gettato - spiega Marcellino - , a fine mese guarderemo il film realizzato con i messaggi del video-box insieme ai giovani che li hanno lasciati, e con loro decideremo cosa fare».

Nella periferia sud di Vicenza, parrocchia di Santa Croce, Nadia Fantin, studentessa 22enne, e Lorenzo Capellaro, 21 anni, sono entrati, con altri due animatori parrocchiali, in un gruppo misto, coordinato da Elena e Stefano, operatori di strada del Comune, che ha già organizzato una festa musicale di quattro giorni, nel maggio scorso. «Per far nascere Worra-Worra (il nome della festa, che significa "Adesso, adesso") abbiamo lavorato in 50, giovani parrocchiani e non - racconta Nadia - e ha cominciato a rompersi quel muro di diffidenza che c'era tra i due ambienti, il patronato e la strada».

Il gruppo di "Worra-Worra" continua a incontrarsi, per progettare nuove iniziative, in "campo neutro": una stanza del Consiglio del quartiere. «Altri animatori parrocchiali sono venuti a darci una mano per la festa - aggiunge Lorenzo - ma c'è chi non si sente pronto». «Dov'è l'evangelizzazione? - si chiede Nadia - Nel cercare di portare quello in cui credi attraverso l'esempio, il modo di comportarti. Per "uscire" dalla parrocchia non devi reprimerti, ma essere te stesso».

«Siamo ancora ai primi passi - ammette don Sinibaldi - perchè come Chiesa non siamo abituati a "buttarci fuori": in molte parrocchie c'è il "ministero degli interni" ma non quegli degli esteri, e il linguaggio della pastorale non è sempre adeguato a situazioni di marginalità. Il nostro obiettivo resta portare la Chiesa ai giovani, più che i giovani alla Chiesa». Don Mondo racconta di un'allieva dei corsi (iniziati già nell'87/88 e poi ripresi nel `95) che soffriva per le resistenze incontrate in parrocchia. «Se come comunità non riusciamo a essere estroversi - mi diceva - forse c'è qualcosa che non funziona nella nostra fede».

Alessandro Di Bussolo

(da Avvenire, 19/2/1997, p. 16)


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Giugno 1997