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La Chiesa genovese porterà a tutte le famiglie l'annuncio cristiano donando il vangelo di Marco «Chiesa
di Genova, L'iniziativa
diocesana |
Riportiamo la lettera pastorale con la quale l'arcivescovo di Genova, card. Dionigi Tettamanzi, ha presentato alla diocesi la missione in vista del giubileo del 2000. Dà le coordinate teologiche all'interno delle quali si svolge la missione cristiana, e segue presentando le linne guida nelle quali sarà articolata l'iniziativa.
Indice
Introduzione Affrettiamo il nostro passo Prima parte Seconda parte |
Terza parte L'iniziativa diocesana "il vangelo sia con te" Il perché dell'iniziativa Il dono di una copia del vangelo di Marco Di casa in casa: il modello della missione dei Dodici I Gruppi di formazione "Il Vangelo sia con te" La fiducia nello Spirito che ci precede Conclusione |
Affrettiamo il nostro passo
Il Giubileo del 2000 si avvicina a grande velocità. Tocca anche a noi avvicinarci al Giubileo: con una preparazione che deve farsi sempre più consapevole e sempre più determinata.
L'invito a prepararci al Giubileo è anzitutto personale, perché per ciascuno di noi il Signore riserva una grazia unica e irripetibile, che non possiamo trascurare. È questa la convinzione del Santo Padre: "Una cosa è certa: ciascuno è invitato a fare quanto è in suo potere, perché non venga trascurata la grande sfida dell'Anno 2000, a cui è sicuramente connessa una particolare grazia del Signore per la Chiesa e per l'intera umanità" (Tertio Millennio Adveniente, 55).
L'invito a prepararci al Giubileo è anche comunitario, perché interpella tutte le diverse comunità ecclesiali: dalle famiglie alla parrocchia, dalle parrocchie alla Diocesi.
In questa prospettiva comunitaria dobbiamo chiederci: Che cosa il Giubileo "offre" ed insieme "chiede" alla nostra Chiesa?
Come Vescovo sento particolarmente forte e in qualche modo assillante in me questa domanda, in obbedienza all'appello che mi viene dall'Apocalisse: "Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese" (Ap 2,7). Ma anche noi tutti, noi che siamo e che ci sentiamo membri dell'unica Chiesa di Dio che è in Genova, dobbiamo lasciarci provocare da questa stessa domanda, con pronta disponibilità e con grande coraggio
Come Chiesa di Genova siamo già in cammino. Lo attestano, non solo nelle intenzioni ma anche nei passi compiuti, le "Linee per una pastorale organica e unitaria" in questo triennio di preparazione al Giubileo (Resta con noi, Signore; Vieni Spirito Crea-tore; Gloria a te, o Padre); lo attesta la Visita Pastorale nei vicariati e nelle parrocchie della Diocesi (cf. Lettera dell'Arcivescovo, In cammino col Vescovo verso il Giubileo).
Questo cammino, ora, lo dobbiamo continuare: affrettando però il nostro passo. Si tratta di intensificare la preparazione spirituale e pastorale, si tratta di disporci sempre meglio alla celebrazione del Giubileo secondo alcune opportunità e impegni di cui deve farsi responsabile protagonista la nostra Chiesa.
Prima parte
Che cosa è il Giubileo?
A tutti noi sono richieste l'umiltà e la sapienza di ripartire dalla domanda semplice e decisiva: Che cosa è il Giubileo?
Non è domanda inutile, soprattutto se pensiamo alle tante forme di ignoranza, di confusione e di distorsione cui va soggetto oggi il significato del Giubileo.
È domanda necessaria, se si vuole cogliere la novità cristiana del Giubileo e, quindi, la sua bellezza spirituale e la sua originale preziosità per la vita della Chiesa e del mondo
Il Giubileo: un anno di grazia del Signore
Basterebbe una sola parola, brevissima ma di incalcolabile portata, per illustrare il significato del Giubileo. E questa parola è "grazia". Sì, perché il Giubileo altro non è che una grazia, una grande grazia: un dono dell'amore misericordioso del Padre, che ci perdona in Gesù Cristo crocifisso e risorto e nella potenza dello Spirito consolatore.
Vediamo, però, se pure per cenni, di entrare nel grande e bellissimo mistero che il termine grazia insieme svela e racchiude.
In Gesù si è compiuta la promessa che Dio aveva fatto per bocca del profeta Isaia: "Lo Spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore" (Is 61,1-2). Il profeta parlava del Messia. Infatti, "oggi proclama Gesù di Nazaret nella sinagoga del suo paese si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi" (Lc 4,21). E così egli fa capire che il Messia annunciato dal profeta è proprio lui e che in lui prende avvio il "tempo" tanto atteso: finalmente è giunto il giorno della salvezza, la "pienezza del tempo".
Il Giubileo del 2000 vuole ricordare e celebrare la nascita di Gesù, il Figlio di Dio che "per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo" (Credo). Che cosa significa quel "ricordare" l'evento dell'Incarnazione se non rinnovare la nostra confessione di fede, intensificare la nostra preghiera di lode e di ringraziamento, accogliere nella conversione e nella riconciliazione la grazia che ci salva?
Questo è il senso dell'anno di grazia del Signore che, come tale, non può che essere vissuto nella gioia, come scrive il Papa: "Il termine `Giubileo` parla di gioia; non soltanto di gioia interiore, ma di un giubilo che si manifesta all'esterno, poiché la venuta di Dio è un evento anche esteriore, visibile, udibile e tangibile, come ricorda san Giovanni (cf 1 Gv 1,1). È giusto quindi che ogni attestazione di gioia per tale venuta abbia una sua manifestazione esteriore. Essa sta ad indicare che la Chiesa gioisce per la salvezza. Invita tutti alla gioia e si sforza di creare le condizioni affinché le energie salvifiche possano essere comunicate a ciascuno" (Tertio Millennio Adveniente, 16).
Dobbiamo sentirci tutti impegnati a custodire e a promuovere la vera identità del Giubileo del 2000 come anno di grazia del Signore, ossia la sua novità cristiana.
Se il "mondo" non sempre è aiutato e in parte non è in grado a cogliere il vero significato del Giubileo, i "credenti" questo significato lo conoscono, lo devono conoscere: e lo devono "mostrare" al mondo con la loro fede e con il rinnovamento evangelico della loro vita. Il segreto della fecondità di ogni impegno e di ogni gesto del Giubileo sta proprio qui: in questa conversione di mente e di cuore che ogni cristiano deve anzitutto impegnarsi a realizzare in sé, e che non è pensabile se non a partire da una personale chiarezza di idee circa il senso autentico del Giubileo stesso.
Siamo così tutti invitati a ritornare di frequente con la meditazione sulla bellezza e sulla preziosità di questo "anno di grazia del Signore". In questo senso ci sarà di grande aiuto un brano del Vangelo di Marco, della cui singolare ricchezza spirituale vogliamo far tesoro.
Il Giubileo: l'annuncio del Vangelo di Dio
Siamo al primo capitolo di questo vangelo, che comincia con una confessione di fede: "Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio" (1,1). Dopo aver raccontato brevemente la predicazione di Giovanni Battista, il Battesimo di Gesù nel Giordano e la tentazione a cui lo stesso Gesù è sottoposto nel deserto, l'evangelista così prosegue: "Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: `Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo`" (1,14-15).
Ogni parola di questo brano merita un attento commento.
La Galilea è il luogo della "quotidianità": e per Marco diventa il "luogo teologico" in cui risuona per ciascuno di noi l'appello di Cristo. Possiamo dire che, in qualche modo, ogni giorno Gesù si reca nella "Galilea", ossia in ogni città e in ogni paese, in ogni famiglia e presso ogni persona: per far risuonare ancora la sua parola di salvezza, per interpellare ancora la nostra libertà.
Ecco, dunque, il contenuto semplicissimo e sconvolgente della "lieta notizia": si compone di quattro righe, quasi un "manifesto" destinato ad essere gridato ai quattro venti, ad essere affisso sui muri dei paesi e delle città, ad essere impresso nel cuore di ogni uomo. È il centro della missione di Gesù, il riassunto dell'intero Vangelo.
Scrive il Papa: "Il tempo in realtà si è compiuto per il fatto stesso che Dio, con l'Incarnazione, si è calato dentro la storia dell'uomo. L'eternità è entrata nel tempo: quale `compimento` più grande di questo? Quale altro `compimento` sarebbe possibile?" (Tertio Millennio Adveniente, 9). E ancora: "In Gesù Cristo, Verbo incarnato, il tempo diventa una dimensione di Dio, che in se stesso è eterno. Con la venuta di Cristo iniziano gli `ultimi tempi` (cf. Eb 1,2), l'`ultima ora` (cf. 1 Gv 2,18), inizia il tempo della Chiesa che durerà fino alla Parusia" (Ibid., 10). E conclude: "Tutti i Giubilei si riferiscono a questo `tempo` e riguardano la missione messianica di Cristo..." (Ibid., 11).
Il regno di Dio, nel contesto biblico, indica l'azione regale di Dio, la sua giustizia e il suo amore, il suo intervento salvifico, definitivo e risolutore. Affermando che il regno di Dio "è vicino", Gesù si colloca nel solco dell'attesa dei profeti e del popolo di Israele, ma nello stesso tempo se ne distacca: infatti, mentre la speranza ebraica parlava al futuro, Gesù dice che l'ora messianica è arrivata, è qui nelle sue parole e nella sua azione.
L'annuncio di Gesù ha un tono di gioia e insieme di urgenza ed è universale, perché è rivolto a tutti coloro che, comunemente, erano ritenuti esclusi dalla gioia messianica: i poveri, i peccatori, i piccoli, gli stranieri. In realtà tutti sono chiamati a fare l'esperienza della misericordia di Dio.
Quello di Gesù è, allora, un annuncio nuovo e originale. Soprattutto è sorprendente il fatto che il Signore non si presenti come un semplice profeta che annuncia l'avvento di Dio: Dio, infatti, è arrivato nella sua stessa persona e quindi nella sua parola e nella sua attività. Egli realizza in se stesso l'annuncio profetico che parla di Dio come Re e Pastore del suo popolo: "Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia Io salverò le mie pecore e non saranno più oggetto di preda" (Ez 34,16.22)
Questo è il regno che Gesù annuncia e dona. Ma per accoglierlo occorre far proprio l'imperativo: "Convertitevi!".
Essa nasce come risposta a quella lieta notizia che non può che allargare il cuore: in Gesù ci è apparso, in tutta la sua profondità, l'incredibile e sorprendente amore che Dio ha verso di noi, verso l'uomo, ogni uomo. È questo l'evento che bisogna accettare, del quale ci si deve fidare e sul quale ci si deve modellare. Non è allora un cambiamento parziale quello richiesto, ma un vero e proprio rovesciamento, un passaggio radicale, sia nella mentalità che nel comportamento pratico. "È un cambiamento che non si può contenere nelle vecchie strutture (personali, mentali, sociali): le rompe. Le vecchie strutture sono state create per servire un altro tipo di Dio e per un'altra visione dell'uomo" (B. Maggioni).
Convertitevi! Quella di Gesù non è una semplice esortazione: è un comando. A lui si obbedisce o si disobbedisce. Non c'è via di mezzo. E gli obbedisce solo chi lo ascolta e fa suo il secondo imperativo: "Credete al Vangelo".
Con Pietro confessiamo: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt l6,16) e ripetiamo: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio" (Gv 6,68-69). E con l'apostolo Tommaso gridiamo con tutto lo slancio del cuore credente: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20,28).
Il Giubileo:
una comunità che accoglie e annuncia il Vangelo
Marco mette in stretta relazione il riassunto della predicazione di Gesù in Galilea con la chiamata dei primi discepoli per più di un motivo: per illustrare concretamente la risposta di conversione e di fede che il regno di Dio esige, per mostrare che la Parola del regno è efficace e crea una comunità, per introdurre un tema che gli sta particolarmente a cuore, e cioè il discepolato: il Cristo di Marco non si presenta mai solo, ma sempre circondato dai discepoli, chiamati a condividerne la vita, la missione e il destino.
Marco scrive: "Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: ´Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini´. E subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello mentre rassettavano le reti. Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedeo sulla barca con i garzoni, lo seguirono" (Mc 1,16-20).
Nel brano di Marco ci è dato di individuare subito alcune strutture fondamentali della sequela, del seguire Gesù.
L'appello di Gesù esige un distacco radicale: non si tratta soltanto di lasciare le reti o un lavoro, ma più a fondo come si chiarirà lungo il vangelo si tratta di lasciare le ricchezze (10,21), di abbandonare la strada del dominio e del potere, di smantellare quell'idea di Dio che noi stessi abbiamo costruito a difesa dei nostri privilegi (8,34).
L'iniziativa di Gesù non porta con sé come prima esigenza un distacco, bensì il seguire. È questa la ragione del distacco: la libertà per un nuovo progetto di vita, che si presenta come un progetto di "condivisione". Seguire non è solo far proprio l'insegnamento del Maestro ma anche, e soprattutto, condividere in tutto la sua vita, la sua missione e il suo destino. Seguire è un "andare dietro" a Gesù.
L'uomo nel mare annega e muore. Pescare gli uomini vuol dire portarli dalla morte alla vita. Gesù ha pescato i discepoli, che "emergono a vita nuova", cominciano a seguirlo e, d'ora in avanti, dovranno continuare la sua stessa missione nei confronti di altri fratelli (cfr. Lc 5,6; Gv 21,6).
Emerge in tal modo la dimensione comunitaria e missionaria dell'annuncio del vangelo e dell'accoglienza del regno di Dio. Gesù si rivolge non ad alcuni soltanto, ma a tutti: "convertitevi e credete al vangelo", "seguitemi, vi farò pescatori di uomini". Così l'accoglienza del regno converte le persone e convertendole le aggrega generando una comunità. Questa si incammina insieme a Gesù su una strada che la porta a capire in profondità l'evento di grazia che ha accolto e che l'ha generata: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino". Questo stesso evento conduce la comunità a diventare, a sua volta, annunciatrice di quell'evento: "Vi farò diventare pescatori di uomini" (1,17). È questa la logica intima, esplosiva ed affascinante della venuta del regno di Dio: il suo incontro attraverso l'annuncio converte, cioè cambia la vita, e crea una nuova comunità, che a sua volta annuncia. È l'inarrestabile percorso della missione.
Seconda parte
La grazia e la responsabilità del Giubileo
La meditazione che ora abbiamo fatto, sia pure brevemente, del brano di Marco ci aiuta a cogliere in modo vivo e concreto i contenuti fondamentali e originali del Giubileo, contenuti che definiscono lo spirito profondo secondo cui prepararlo, celebrarlo e viverlo.
Anche per la Chiesa di Genova e dunque per tutti noi il Giubileo deve avere come suo "obiettivo primario", secondo quanto afferma esplicitamente il Santo Padre, "il rinvigorimento della fede e della testimonianza dei cristiani". "È necessario, pertanto, suscitare in ogni fedele un vero anelito alla santità, un desiderio forte di conversione e di rinnovamento personale in un clima di sempre più intensa preghiera e di solidale accoglienza del prossimo, specialmente quello più bisognoso" (Tertio Millennio Adveniente, 42).
In particolare, il Giubileo ci chiama
Si tratta di una quadruplice "grazia e responsabilità" per la quale dobbiamo fiduciosamente pregare e instancabilmente operare.
Il Concilio trovi nel nuovo millennio la sua "estate"!
A ben pensarci ci muoviamo nella linea del Concilio Vaticano II, al quale sono chiamati urgentemente a ispirarsi la nostra azione pastorale e, più in profondità, la nostra spiritualità. Il Papa è oltremodo esplicito: "La miglior preparazione alla scadenza bimillenaria non potrà che esprimersi nel rinnovato impegno di applicazione, per quanto possibile fedele, dell'insegnamento del Vaticano II alla vita di ciascuno e di tutta la Chiesa" (Tertio Millennio Adveniente, 20).
Per questo il Papa chiede a tutti un "esame di coscienza" sulla recezione del Concilio, "grande dono dello Spirito alla Chiesa sul finire del secondo millennio", presentando alcune precise domande a partire dalle quattro Costituzioni conciliari. Sono domande alle quali anche le nostre comunità ecclesiali devono con umile saggezza e con fiducioso coraggio dare risposte sincere e puntuali: "In che misura la Parola di Dio è divenuta più pienamente anima della teologia e ispiratrice di tutta l'esistenza cristiana, come chiedeva la Dei Verbum? È vissuta la liturgia come `fonte e culmine` della vita ecclesiale, secondo l'insegnamento della Sacrosanctum Concilium? Si consolida, nella Chiesa universale e in quelle particolari, l'ecclesiologia di comunione della Lumen gentium, dando spazio ai carismi, ai ministeri, alle varie forme di partecipazione del Popolo di Dio, pur senza indulgere a un democraticismo e a un sociologismo che non rispecchiano la visione cattolica della Chiesa e l'autentico spirito del Vaticano II? Una domanda vitale deve riguardare anche lo stile dei rapporti tra Chiesa e mondo. Le direttive conciliari offerte nella Gaudium et spes e in altri documenti di un dialogo aperto, rispettoso e cordiale, accompagnato tuttavia da un attento discernimento e dalla coraggiosa testimonianza della verità, restano valide e ci chiamano a un impegno ulteriore" (Tertio Millennio Adveniente, 36).
Si tratta, diceva il Papa ai nuovi Cardinali il 21 febbraio 1998, di invocare dallo Spirito la grazia del passaggio dalla "primavera" all'"estate" del Concilio: "Spingendo insieme con voi lo sguardo oltre la soglia del Duemila, invoco dal Signore l'abbondanza dei doni dello Spirito divino per tutta la Chiesa, affinché la `primavera` del Concilio Vaticano II possa trovare nel nuovo millennio la sua `estate`, vale a dire il suo maturo sviluppo".
Nella nostra Chiesa di Genova quale grado di concretezza e di visibilità ha raggiunto la recezione del Concilio? È realmente sbocciata, da noi, la primavera di cui parla il Papa? E se è sbocciata, quale durata ha avuto? Forse lo "spazio di un mattino"? Certo, ci riferiamo ai documenti conciliari: ma ancor più allo spirito evangelico di cui quei documenti vibrano e allo slancio pastorale e missionario di cui sono portatori.
In realtà, quelle che il Papa ha individuato attraverso le sue provocatorie domande sono le "strutture portanti" della vita cristiana dei singoli e delle comunità: sono quelle strutture che devono dare un volto evangelico alla nostra presenza e alla nostra azione nel mondo, e dunque alla nostra attività pastorale.
Proprio questo volto deve tornare a splendere in tutta la sua luminosità, con l'aiuto di una rinnovata pastorale che educhi coraggiosamente e gioiosamente:
Urge una grande conversione pastorale
Il Giubileo chiede la conversione. Anzi tutto quella personale, della singola persona, secondo la parola del Papa sopra ricordata: "È necessario suscitare... un desiderio forte di conversione e di rinnovamento personale" (Tertio Millennio Adveniente, 42).
Ma è in questione anche la conversione comunitaria: quella della Chiesa come tale, su cui peraltro aveva tanto insistito il Concilio. "La Chiesa che comprende nel suo seno i peccatori, santa e sempre bisognosa di purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento" (Lumen gentium, 8).
Si tratta di una conversione inscindibilmente spirituale e pastorale, che tocca la vita e la missione della Chiesa. Per sollecitare questo profondo rinnovamento s'incontrano provvidenzialmente l'intima esigenza che la Chiesa ha di essere fedele a Gesù Cristo e al suo Vangelo, da una parte, e la novità delle situazioni storiche e culturali nella quale la Chiesa è chiamata a far risuonare la professione e l'annuncio della sua fede, dall'altra.
In questo senso il Papa al Convegno ecclesiale di Palermo, il 23 novembre 1995, asseriva in termini categorici: "Il nostro non è il tempo della semplice conservazione dell'esistente, ma della missione. È il tempo di proporre di nuovo e prima di tutto Gesù Cristo, il centro del Vangelo". In questa linea mi sento di ripetere quanto già ho avuto modo di dire: "Una pastorale di sola conservazione è insufficiente, anzi oggi è colpevole" e quanto ho avuto modo di scrivere in "Resta con noi, Signore": "Il tempo della missione coincide con quello della nuova evangelizzazione. In tal modo devono andare di pari passo la coscienza della gravità della situazione di fede delle nostre stesse comunità ecclesiali e la coscienza della indilazionabilità di intraprendere una nuova evangelizzazione o rievangelizzazione Riconosciamolo, con l'arido e disarmante linguaggio dei numeri: la nostra regione è terra di missione. È allora del tutto indispensabile pensare e realizzare una pastorale di missione permanente".
Urge in tutti e per tutti una grande conversione pastorale. Di qui l'estrema necessità di una preghiera incessante allo Spirito Santo. Perché solo lo Spirito, con il vento impetuoso e il fuoco bruciante di una rinnovata Pentecoste, ci può scuotere e risvegliare da una pastorale:
Forse non è inutile riportare davanti ai nostri occhi la grandiosa visione delle ossa aride, visione che il Signore ha mostrato al profeta Ezechiele, dicendo: "Figlio dell'uomo, queste ossa sono tutta la gente d'Israele. Ecco, essi vanno dicendo: Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti" (Ez 37,11).
Noi, talvolta, rischiamo di trovarci in una situazione più grave: infatti, mentre gli Israeliti riconoscono di essere "ossa inaridite", noi non abbiamo sempre piena coscienza della sterilità pastorale di tanti nostri gesti e di tanti nostri comportamenti. D'altra parte è impossibile la "conversione" là dove manca il riconoscimento delle inadeguatezze o delle storture dell'attività pastorale. Questo riconoscimento è necessario per aprirsi al rinnovamento. E questo, al di là del nostro libero e responsabile impegno, è frutto del dono gratuito dello Spirito: "Ossa inaridite, udite la parola del Signore... Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete" (Ez 37,4-5).
In un certo senso non si tratta, in occasione del Giubileo, di fare cose nuove, ma certamente di fare tutte le cose in modo nuovo. D'altra parte, è pur vero che si tratta proprio di fare anche alcune cose nuove: o meglio, più radicalmente, si tratta di lasciarsi animare da uno spirito nuovo, che non può essere se non lo Spirito di Gesù, da lui effuso sulla Chiesa sua sposa. In tal senso il programma di Gesù (ossia il suo dono e il suo comandamento), raccontato da Marco, deve dirsi la Carta costituzionale di tutta la vita spirituale e di tutta l'azione pastorale della Chiesa.
Ancora una volta appaiono strettamente congiunti, anzi indivisibili, il rinnovamento pastorale e quello spirituale. Una grande conversione pastorale nasce, cresce e si radica in profondità a partire da una forte spiritualità, secondo la parola di Gesù: "Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano" (Gv 15,4-6).
Terza parte
L'iniziativa diocesana "Il Vangelo sia con te"
Sono molteplici e varie le "iniziative" che, nel contesto della celebrazione del Giubileo, segneranno la nostra vita di fede, come singoli e come comunità ecclesiali. Numerose e diverse, infatti, sono le indicazioni che ci vengono date dal Santo Padre come emerge dalla Lettera Tertio Millennio Adveniente e dalla Chiesa italiana, e che saranno offerte anche dalla nostra Diocesi: sia per le diverse categorie di persone e per i diversi ambiti di vita, sia in rapporto ai pellegrinaggi giubilari.
Qui e ora ci soffermiamo a illustrare solo l'iniziativa diocesana "Il Vangelo sia con te". La presentiamo ovviamente nelle sue linee generali, soprattutto per farne cogliere il significato e l'importanza e per sollecitarne una cordiale e generosa realizzazione. Sarà compito di una Commissione operativa, appositamente costituita, procedere poi a definire, nei necessari particolari, l'organizzazione e lo sviluppo dell'iniziativa stessa.
Il perché dell'iniziativa
L'iniziativa "Il Vangelo sia con te" nasce, tra l'altro, da due semplici e fondamentali convinzioni.
La prima è che la grazia del Giubileo del 2000 non è solo per alcuni, ma è per tutti. Come potrebbe essere diversamente se Dio, Padre di tutti, ha mandato il Figlio suo nel mondo per la salvezza di tutti? Come dice Gesù nel colloquio notturno con Nicodemo: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16).
Non possiamo allora non chiederci, e con un'intima e sincera ansia pastorale: che cosa dobbiamo fare, forse inventare, perché tutti i cristiani della Diocesi e tutti i cittadini di Genova siano raggiunti dall'annuncio del Giubileo e dalla sua grazia?
La seconda convinzione è che un simile annuncio e una simile grazia devono raggiungere sì tutti, ma anche ciascuno e in un modo veramente personale. Occorre, dunque, raggiungere le singole persone là dove vivono. Di qui l'esigenza di una visita personale in casa.
Per la verità, il riferimento a tutti e a ciascuno, come termine dell'annuncio del Vangelo, deve connotare sempre la missione pastorale della Chiesa. L'iniziativa "Il Vangelo sia con te" vuole rendere solo più esplicito e concreto questo duplice e unitario riferimento. Con questo stile pastorale la Chiesa, e noi in essa, cerchiamo di imitare il comportamento di Gesù: venuto nel mondo come salvatore di tutti, egli annuncia il Vangelo e dona l'amore e la vita stessa di Dio alle "folle" che lo seguono e alla "singola persona", da sempre conosciuta e immensamente amata nella sua unicità e irripetibilità. Come buon pastore, Gesù "offre la vita per le pecore" (Gv 10,11), ha "altre pecore che non sono di quest'ovile" (Gv 10,16), "chiama le sue pecore una per una" (Gv 10,3).
Il dono di una copia del Vangelo di Marco
Con la visita personale in casa vorremmo donare a tutti una copia del Vangelo di
Marco.
Ci sono però anche altre ragioni che stanno alla base della scelta del vangelo di Marco: da quella più esteriore, che è la brevità di questo vangelo rispetto agli altri, a quella più profonda che è la caratteristica tipica del vangelo di Marco. Questo vangelo, infatti, si presenta come una vera e propria "iniziazione" al mistero cristiano, un vangelo per i catecumeni: per coloro, cioè, che già hanno sentito il primo annuncio e che già hanno cominciato ad aderire con slancio alla fede, ma che ora devono per decidersi definitivamente giungere a una più piena comprensione del mistero di Gesù.
In questo senso, il vangelo di Marco è costruito intorno a due domande fondamentali: chi è Gesù? chi è il discepolo? "Marco non si limita a rivelare a poco a poco il mistero cristiano: si preoccupa parallelamente di condurre il lettore a scoprire le proprie paure, la propria ignoranza, le proprie resistenze. Così il vangelo si muove contemporaneamente su due linee: la rivelazione del mistero di Gesù e la manifestazione del cuore dell'uomo. È il continuo scontro fra questi due aspetti che fa di Marco un vangelo attuale, drammatico e inquietante" (B. Maggioni).
L'iniziativa "Il Vangelo sia con te" riconosce e intende promuovere questa dignità e questa vocazione della persona: due o più persone si incontrano tra loro, nel segno della libertà, in ordine ad un ascolto e ad un dialogo reciproci sui problemi e sulle attese della vita.
Proprio su questi problemi e su queste attese, la voce della ragione e dell'esperienza umana non basta. Solo la voce della fede, ossia quella voce che fa risuonare la Parola di Dio, è in grado di offrire una luce nuova e originale per capire il senso autentico della vita, della sofferenza e della morte; solo quella voce riesce a comunicare l'energia spirituale (la grazia) per vivere secondo il disegno d'amore di Dio e secondo le aspirazioni più profonde e vere del cuore dell'uomo e della donna.
Certo, il dialogo, è sempre un donare reciproco: non si può dare senza ricevere, così come non si può ricevere senza dare. In questo senso l'iniziativa è destinata a dar vita ad un dialogo di salvezza, nel quale insieme si dona e si riceve: ogniqualvolta si parla del Vangelo si fa la stupenda esperienza di un Dio che vuole salvare tutti, proprio tutti. E si scopre anche che Dio ha previsto per ciascuno di noi un personale e irripetibile cammino di fede.
Di casa in casa: il modello della missione dei Dodici
Da quanto precede emerge lo spirito che deve animare, con le sue connotazioni, insieme profondamente umane e cristiane, l'iniziativa "Il Vangelo sia con te". Tale spirito trova una stupenda illustrazione nella pagina evangelica della missione dei Dodici: un paradigma al quale ogni discepolo è chiamato a rifarsi.
Scrive Marco: "Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando. Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi. E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio E diceva loro: `Entrati in un casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo. Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto i vostri piedi, a testimonianza per loro`. E partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano" (Mc 6,6-13).
Si tratta di un vero e proprio "breviario di viaggio" che Gesù dà ai Dodici, perché non dimentichino di riprodurre sul loro volto i tratti del volto di chi li invia. È la carta di identità della Chiesa apostolica e di tutti i "missionari del Vangelo".
Marco, nella sua descrizione, inizia parlando di Gesù: "Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando". Egli va: e in questo senso la sua casa è la strada. Egli va instancabilmente: e così facendo testimonia il suo amore che cerca tutti. Gesù fa dunque in prima persona ciò che poi comanda.
Non portare nulla: né pane, né bisaccia, né soldi, solo un bastone, un paio di sandali e una tunica. È una povertà che è libertà: non vi sono preoccupazioni se non quella di obbedire al mandato di annunciare il Vangelo. Ma è una povertà che è anche fede: il segno, cioè, di chi non confida in se stesso, ma in quel Signore che provvederà ai suoi discepoli (cfr. 8,14 ss). È, ancora, una povertà che è condizione per amare: infatti, solo quando non si ha nulla, si dà se stessi, si ama davvero e si può condividere.
Non portare nulla: "Questo nulla è l'unica cosa di cui il Signore ha bisogno per agire e ridurre a nulla tutti i nemici dell'uomo. È la nudità della sua croce, che ha redento il mondo. Con essa ci ha arricchiti di ogni cosa, fino a darci se stesso" (S. Fausti).
I Gruppi di formazione "Il Vangelo sia con te"
Com'è evidente, l'efficacia dell'iniziativa diocesana "Il Vangelo sia con te" dipende non solo dai suoi fini ideali e dai suoi contenuti oggettivi, ma anche dalla soggettiva e convinta partecipazione di tutti.
Di qui la necessità di preparare con una formazione adeguata i protagonisti dell'iniziativa, coloro, cioè, che sono mandati a donare a tutti il Vangelo di Marco. Come li si potrebbe chiamare? Il brano di Marco ora commentato e il titolo dato all'iniziativa ci suggeriscono di chiamarli "Missionari del Vangelo".
Occorre giungere a costituire i Gruppi di formazione "Il Vangelo sia con te", secondo precisi obiettivi, contenuti e metodi di lavoro.
Come si vede, il piccolo libro del Vangelo di Marco, con gli opportuni rimandi anche agli altri Vangeli, diventa la fonte autorevole per cogliere ed assimilare gli elementi strutturali della vita cristiana: il Credo, i Sacramenti e la Preghiera, i Comandamenti, la Chiesa in missione.
Una simile formazione comporta che il Vangelo di Marco sia assunto come libro di studio, di meditazione, di preghiera, di discernimento spirituale e pastorale.
Ciò esige un itinerario o corso prolungato, da programmare con una serie organica e sistematica di incontri e di dialoghi. Il tempo a disposizione per questo itinerario va dall'Avvento 1998 all'Avvento 1999. Non ci si potrà certo ridurre a dar vita ad una scuola dal sapore più o meno intellettualistico, ma ci si dovrà impegnare a proporre e a vivere una vera esperienza di discepolato cristiano. Per il credente, infatti, l'accostamento al testo sacro ha una sua originalità inconfondibile e insopprimibile, perché come scrive il Concilio "nei libri sacri il Padre che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed entra in conversazione con loro; nella parola di Dio poi è insita tanta efficacia e potenza da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza della fede, cibo dell'anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale" (Dei Verbum, 21).
In questo senso, si tratta di rivivere l'esperienza stessa dei discepoli alla scuola di Gesù il Maestro, nel contesto vivo e attuale della comunità cristiana, che nella sua maternità educa nella fede e nella vita nuova i figli generati con il Battesimo nell'acqua e nello Spirito.
È evidente che lo spazio maggiore, all'interno di questi gruppi, sarà riservato ai laici, uomini e donne, giovani e adulti. Proprio ai laici rivolgo, convinto e fiducioso, un appello speciale: non solo perché in forza del Battesimo e della Cresima sono pienamente partecipi della comune missione evangelizzatrice della Chiesa, ma anche per "l'indole secolare" che è loro "propria e peculiare" e che li porta a vivere la vocazione cristiana "nel secolo, cioè implicati in tutti e singoli gli impieghi e gli affari del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta" (Lumen gentium, 31). In questo senso, i fedeli laici devono sentirsi in qualche modo come i primi protagonisti dell'iniziativa "Il Vangelo sia con te".
In questo senso i "responsabili" dei Gruppi di formazione sono i Vicari: dalla loro costante presenza e ancor più dalla loro personale capacità di coinvolgimento e di coordinamento dipenderanno, prima, il lavoro formativo dei Gruppi, e poi nell'anno del Giubileo, la realizzazione pratica dell'iniziativa "Il Vangelo sia con te".
I Gruppi di formazione, come hanno bisogno di "responsabili" (i Vicari), così hanno bisogno di "animatori", precedentemente preparati al loro compito specifico mediante un Corso particolare. Inoltre, perché possano assicurare una formazione omogenea e condivisa per tutta la Diocesi, i Gruppi dovranno seguire, nel loro lavoro, i Sussidi sul Vangelo di Marco appositamente preparati.
La dimensione diocesana deve emergere anche in rapporto ai destinatari dell'iniziativa: questa non si rivolge solo ad alcune categorie di persone, ma vuole indirizzarsi a tutti e a ciascuno. Nessuno mette in dubbio l'utilità od anche la necessità che, nei diversi ambienti di vita, come il lavoro, la scuola, il tempo libero, ecc., si propongano incontri e dialoghi sul Vangelo per individuare i criteri per la lettura e la soluzione dei più vari problemi personali, familiari e sociali, oltre che ecclesiali. Ma l'iniziativa "il Vangelo sia con te" è pensata secondo una logica più personale. In questo senso i suoi naturali destinatari si trovano in alcune fasce di persone ben presenti nella società e nella città: le persone sole, i malati, i sofferenti, gli anziani, le famiglie in difficoltà, i poveri e gli emarginati.
Impegnandosi in questa iniziativa, la Chiesa di Genova si presenterà come protagonista ed insieme come destinataria: mentre in alcuni suoi membri offrirà il Vangelo, allo stesso tempo lo riceverà sempre più profondamente dal suo Signore. Così i Gruppi di formazione potranno dare un grande contributo al rinnovamento spirituale e pastorale della nostra Diocesi, rinnovamento che tutti ci auguriamo sia il frutto più bello dell'anno di grazia del Giubileo.
E tutto ciò non potrà non ripercuotersi beneficamente sull'animazione spirituale e pastorale delle comunità ecclesiali anche dopo il Giubileo. Non è difficile rilevare come il contenuto e il metodo dei Gruppi di formazione sono una concreta e stimolante applicazione di quella grande conversione pastorale di cui abbiamo detto sopra. Non ci sono, in questo tipo di preparazione, il ritorno alla Parola di Dio, la centralità della liturgia e della preghiera, il senso della comunione ecclesiale e lo slancio missionario verso tutti?
La fiducia nello Spirito che ci precede
È necessario che tutti ci apprestiamo a sostenere e a vivere questa iniziativa diocesana con grande fiducia, eliminando pregiudizi e paure, superando vuoti e sterili individualismi pastorali, osando uscire dagli schemi usuali e consolidati dell'approccio alle singole persone e famiglie. Sarebbe poi imperdonabile trascurare, o non valorizzare con la dovuta docilità e generosità, la "grazia" propria di questo "tempo favorevole" (cfr. 2 Cor 6,12) che è il Giubileo.
Certo, dobbiamo investire le nostre risorse e concentrare i nostri sforzi, ma ancor più dobbiamo affidarci alla potente azione dello Spirito Santo, anima vivificante e rinnovatrice della Chiesa. Come diceva il Papa ai sacerdoti della Diocesi di Roma il 26 febbraio 1998, "lo Spirito Santo non solo ci accompagna, ci guida e ci sostiene nel cammino della missione. Egli anche ed anzitutto ci precede. Lo Spirito, infatti, è misteriosamente presente ed operante nel cuore, nella coscienza e nella vita di ogni donna e di ogni uomo. Lo Spirito non conosce frontiere. Lo Spirito, operando misteriosamente e silenziosamente nell'intimo di ciascuno, predispone dal di dentro ogni persona ad accogliere Cristo e il suo Vangelo".
E continuava, con un riferimento che possiamo in qualche modo applicare anche alla nostra iniziativa: "Perciò, cari fratelli, quando bussiamo alla porta di una casa, o alla porta di un cuore, lo Spirito ci ha già preceduto e l'annuncio di Cristo potrà forse risuonare nuovo all'orecchio di chi ci ascolta, ma non potrà mai risuonare estraneo al suo cuore. Nutrire pessimismo circa la possibilità o l'efficacia della missione sarebbe dunque, cari fratelli, in certo senso un peccato contro lo Spirito Santo, una mancanza di fiducia nella sua presenza e nella sua azione".
Come a dire: dobbiamo tutti pregare incessantemente lo Spirito Santo, perché lui è il vero protagonista di ogni azione missionaria, perché lui soltanto è capace di convertire i cuori e di donare la fede e la grazia.
Lo stupore di fronte alla "lieta notizia"
Da quanto siamo venuti dicendo in rapporto alla novità cristiana del Giubileo e all'iniziativa diocesana "Il Vangelo sia con te" emerge la necessità, per ciascuno di noi e per la nostra Chiesa di Genova, di avere sempre più vivo e forte il senso del Vangelo, ossia la coscienza profonda e commossa della "lieta notizia".
È la notizia che annuncia il regno di Dio, ossia il suo amore indicibile e sorprendente per l'uomo. Sta qui il cuore del Vangelo: nella rivelazione di chi è Dio per l'uomo e di chi è l'uomo per Dio. La rivelazione avviene in Gesù di Nazaret, in lui che è vero Dio e vero uomo: "Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione" (Gaudium et spes, 22).
Ne deriva un duplice stupore: che Dio ami così tanto l'uomo e che l'uomo sia così tanto importante per Dio. Proprio lo stupore è la prima reazione di chi ascolta l'annuncio di Gesù, come frequentemente rilevano gli evangelisti. Come a dire che la prima domanda che scaturisce spontanea in chi è raggiunto dalla notizia del regno di Dio e del suo amore non è: che cosa devo fare? quali sono le sue esigenze? Bensì: è proprio vero? La parola di Dio, proclamata un giorno dalle labbra del profeta Isaia, risuona in modo pieno e definitivo sulle labbra di Gesù, il Vangelo vivente del Padre, la rivelazione perfetta dell'amore di Dio per l'uomo: "Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo" (Is 43,4).
Allo stupore per la "lieta notizia" ci si deve, in un certo senso, educare: anzitutto contemplando il vero volto di Dio, mistero di infinito splendore, come pure il vero volto dell'uomo, immagine luminosa di Dio. Inoltre, superando le visioni riduttive e superficiali del Vangelo, ricondotto indebitamente ad una serie di idee su Dio, su Cristo, sull'uomo, oppure ad una serie di precetti morali. No, il Vangelo è un avvenimento d'amore e un dono di salvezza: il Figlio di Dio si è fatto uomo per noi e per la nostra salvezza.
Leggiamo nell'esortazione Christifideles laici di Giovanni Paolo II: "L'uomo è amato da Dio! È questo il semplicissimo e sconvolgente annuncio del quale la Chiesa è debitrice all'uomo. La parola e la vita di ciascun cristiano possono e devono far risuonare questo annuncio: Dio ti ama, Cristo è venuto per te, per te Cristo è `Via, Verità, Vita!` (Gv 14, 6)" (n. 34).
Le parole del Papa esprimono in forma immediata e suggestiva il senso dell'iniziativa "Il Vangelo sia con te", e in un orizzonte più vasto indicano lo spirito e il dinamismo missionario secondo cui i singoli cristiani e la Chiesa stessa devono vivere la fede.
"Il Vangelo sia con te": è augurio, preghiera, appello ad una nuova esperienza di vita, annuncio e missione in atto, non solo per ciascun credente, ma anche per la Chiesa come tale: anche per la Chiesa di Dio che è in Genova. Proprio il Vangelo la "lieta notizia" che è Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, ieri, oggi e sempre è la più vera ricchezza della Chiesa, il suo più prezioso e bramato bene, la sua più appagante gioia.
Il Vangelo sia con te, Chiesa di Genova!
Chiesa di Genova, apri le porte a Cristo!
Non aver paura! Apri, anzi spalanca le porte a Cristo!
"Cristo sa `cosa è dentro l'uomo` diceva Giovanni Paolo II nell'omelia all'inizio del suo ministero di Supremo Pastore della Chiesa, il 22 ottobre 1978. Solo Lui lo sa! Oggi così spesso l'uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia permettete a Cristo di parlare all'uomo. Solo Lui ha parole di vita, sì! di vita eterna".
Chiesa di Genova, apri le porte a Cristo!
E con Lui entra nel terzo millennio cristiano!
Dionigi card. Tettamanzi
Genova, 31 maggio 1998
Solennità di Pentecoste
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Ottobre 1997