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I paragrafi dell'enciclica |
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[11] "Noi non possiamo tacere" (At 4,20) - [..] All'interrogativo: perché la missione? noi rispondiamo con la fede e con l'esperienza della chiesa che aprirsi all'amore di Cristo è la vera liberazione. In lui, soltanto in lui siamo liberati da ogni alienazione e smarrimento, dalla schiavitù al potere del peccato e della morte. Cristo è veramente "la nostra pace" (Ef 2,14), e "l'amore di Cristo ci spinge" (2Cor 5,14), dando senso e gioia alla nostra vita. La missione è un problema di fede, è l'indice esatto della nostra fede in Cristo e nel suo amore per noi.
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[33] La missione ad gentes conserva il suo valore - Le differenze nell'attività all'interno dell'unica missione della chiesa nascono non da ragioni intrinseche alla missione stessa, ma dalle diverse circostanze in cui essa si svolge (cf Ad Gentes 6). Guardando al mondo d'oggi dal punto di vista dell'evangelizzazione, si possono distinguere tre situazioni.
Anzitutto, quella a cui si rivolge l'attività missionaria della chiesa: popoli, gruppi umani, contesti socio-culturali in cui Cristo e il suo vangelo non sono conosciuti, o in cui mancano comunità cristiane abbastanza mature da poter incarnare la fede nel proprio ambiente e annunziarla ad altri gruppi. È, questa, propriamente, la missione ad gentes (cf Ad Gentes 6).
Ci sono, poi, comunità cristiane che hanno adeguate e solide struttere ecclesiali, sono ferventi di fede e di vita, irradiano la testimonianza del vangelo nel loro ambiente e sentono l'impegno della missione universale. In esse si svolge l'attività o cura pastorale della chiesa.
Esiste, infine, una situazione intermedia, specie nei paesi di antica cristianità, ma a volte anche nelle chiese più giovani, dove interi gruppi di battezzati hanno perduto il senso vivo della fede, o addirittura non si riconoscono più come membri della chiesa, conducendo un'esistenza lontana da Cristo e dal suo vangelo. In questo caso c'è bisogno di una "nuova evangelizzazione", o "ri-evangelizzazione".
[34] [..] È da notare, altresì, una reale e crescente interdipendenza tra le varie attività salvifiche della chiesa: ciascuna influisce sull'altra, la stimola e l'aiuta. Il dinamismo missionario crea scambio tra le chiese e orienta verso il mondo esterno, con influssi positivi in tutti i sensi. Le chiese di antica cristianità, ad esempio, alle prese col drammatico compito della nuova evangelizzazione, comprendono meglio che non possono essere missionarie verso i non cristiani di altri paesi e continenti, se non si preoccupano seriamente dei non cristiani in casa propria: la missionarietà ad intra è segno credibile e stimolo per quella ad extra, e viceversa.
[..] [71] Tutti i laici sono missionari in forza del battesimo - I pontefici dell'età più recente hanno molto insistito sull'importanza del ruolo dei laici nell'attività missionaria (Pio XII, enciclica Evangelii praecones (2.6.1951): AAS 43 (1951) 510ss; enciclica Fidei donum (21.4.1957): AAS 49 (1957) 228ss; Giovanni XXIII, enciclica Princeps pastorum (28.11.1959): AAS 51 (1959) 855ss; Paolo VI, esort. ap. Evangelii nuntiandi, 70-73). Nell'esortazione apostolica Christifideles laici anch'io ho trattato esplicitamente della "missione permanente di portare il vangelo a quanti - e sono milioni e milioni di uomini e di donne - ancora non conoscono Cristo redentore delll'uomo" (n. 35) e del corrispondente impegno dei fedeli laici. La missione è di tutto il popolo di Dio: anche se la fondazione di una nuova chiesa richiede l'eucaristia e, quindi, il ministero sacerdotale, tuttavia la missione, che si esplica in svariate forme, è compito di tutti i fedeli.
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Il concilio Vaticano II ha confermato questa tradizione, illustrando il carattere missionario di tutto il popolo di Dio, in particolare l'apostolato dei laici (cf Lumen Gentium 17.33ss), e sottolineando il contributo specifico che essi son chiamati a dare nell'attività missionaria (cf Ad gentes 35-36.41). La necessità che tutti i fedeli condividano tale responsabilità non è solo questione di efficacia apostolica, ma è un dovere-diritto fondato sulla dignità battesimale, per cui "i fedeli partecipano, per la loro parte, al triplice ufficio - sacerdotale, profetico e regale - di Gesù Cristo" (Christifideles laici 14). Essi, perciò, "sono tenuti all'obbligo generale e hanno diritto di impegnarsi, sia come singoli, sia riuniti in associazioni, perché l'annunzio della salvezza sia conosciuto ed accolto da ogni uomo in ogni luogo; tale obbligo li vincola ancora di più in quelle situazioni in cui gli uomini non possono ascoltare il vangelo e conoscere Cristo se non per mezzo loro" (Codice di Diritto Canonico can. 225,1; cf Apostolicam actuositatem 6.13). Inoltre, per l'indole secolare, che è loro propria, hanno la particolare vocazione a "cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e orentandole secondo Dio" (Lumen Gentium 31; cf Codice di Diritto Canonico can. 225,2).
[72] I settori di presenza e di azione missionaria dei laici sono molto ampi. "Il primo campo... è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell'economia..." (Evangelii nuntiandi 70) sul piano locale, nazionale e internazionale. All'interno della chiesa si presentano vari tipi di servizi, funzioni, ministeri e forme di animazione della vita cristiana. Ricordo, quale novità emersa in non poche chiese nei tempi recenti, il grande sviluppo dei "movimenti ecclesiali", dotati di dinamismo missionario. Quando si inseriscono con umiltà nella vita delle chiese locali e sono accolti cordialmente da vescovi e sacerdoti nelle strutture diocesane e parrocchiali, i movimenti rappresentano un vero dono di Dio per la nuova evangelizzazione e per l'attività missionaria propriamente detta. Raccomando, quindi, di diffonderli e di avvalersene per ridare vigore, soprattutto tra i giovani, alla vita cristiana e all'evangelizzazione, in una visione pluralistica dei modi di associarsi e di esprimersi.
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Settembre 1996